Uno stambecco con corna lunghe.

Questo avvenuto, soprattutto, a causa della grande adattabilità e confidenza che questa specie presenta nei nostri confronti.

Ma scopriamo nel dettaglio la sua storia e le sue particolari caratteristiche.

Lo stambecco è un animale che nel tempo si è adattato ad una vita di alta montagna tra terreni formati per lo più da ripidi pendii rocciosi e un clima estremamente freddo, con inverni lunghi e rigidi ed estati brevi e miti.

Per chi è solito andare in alta montagna non sarà stato difficile notare, durante le sue uscite,

la grande predilezione che questi animali hanno per gli ambienti sopra la linea degli alberi, dove le altre specie invece tendono a fare fatica a sopravvivere.

Lo stambecco si muove con una estrema facilità lungo tutte le zone più alte ed è fin troppo facile ritrovarlo aggrappato su costoni ripidi e su terreni detritici.

Come è possibile che sia in grado di mantenere tanto equilibrio senza mai vacillare nemmeno per un secondo?

Il suo segreto sta tutto nella struttura delle sue zampe e degli zoccoli che gli permettono di aderire con facilità alle rocce come un vero equilibrista.

Questa sua grande adattabilità a situazioni così precarie, tuttavia,

è causata in particolare dal grande bisogno di dover trovare una strategia di sopravvivenza contro tutti i grandi predatori

e la più che evidente limitazione alle risorse alimentari tipici delle zone di alta quota.

Insomma, uno stambecco ha imparato così bene l’arte dell’equilibrista per non diventare preda di niente e nessuno ma, piuttosto, per trovare le SUE prede.

Ma di questo ne parleremo in seguito.

Il primo piano di uno stambecco con delle grandi corna.

Lo stambecco non ha evoluto solo la sua grande capacità di arrampicarsi su sentieri ripidi ma, anzi, ne ha evolute parecchie di meraviglie fisiologiche e anatomiche nel tempo!

Vogliamo parlare delle sue corna?

E che sia chiaro, le sue sono vere e proprie corna!

Sono uno dei tratti più distintivi di questa specie, rappresentando infatti un perfetto esempio di adattamento evolutivo.

Mi spiego meglio.

Queste enormi e possenti strutture sul suo capo sono costituite da una sostanza cornea che cresce su una solida struttura ossea e, caratteristica ancora più particolare, queste strutture sono permanenti. 

Ciò significa che non vengono perse durante l’anno, ma continuano a crescere ogni anno sempre di più.

È pur vero che forse questa non è proprio la caratteristica più particolare!

Noi infatti siamo abituati a pensare che le corna siano una struttura tipica dei maschi:

sono belle, imponenti e la loro prima funzione a cui pensiamo è sicuramente quella della riproduzione sessuale.

Quindi i maschi hanno delle fantastiche corna per poter attirare a sé le femmine.

Sbagliato!

E se vi dicessi che anche le femmine di questa specie hanno le corna?

Esatto!

Le corna in questa specie, infatti, sono presenti in entrambi i sessi anche se con qualche piccola differenza significativa.

La prima grande differenza sta nelle dimensioni.

Nei maschi le corna possono arrivare a raggiungere quasi un metro di lunghezza e sono caratterizzate da strutture “a nodi” molto visibili.

Nelle femmine, invece, le corna sono più sottili, arrivano ad una lunghezza massima di circa 30 cm e non sono così “decorate” come nei maschi in quanto non presentano tutti quei particolari “nodi”.

Abbiamo già parlato di quanto sia sbagliato pensare alle corna come alla principale attrazione per le femmine. 

Ed è vero!

Non sono assolutamente utilizzate dai maschi per farsi belli, ma ciò non significa che non abbiano un loro ruolo durante la stagione degli amori!

La stagione degli accoppiamenti si svolge tra dicembre e gennaio,

periodo durante il quale i maschi dedicano le loro giornate a sfide gerarchiche per la conquista delle femmine e il loro principale strumento di sfida sono proprio le loro corna!

I maschi si sfidano in combattimenti ritualizzati utilizzando le corna per stabilire una gerarchia chiara all’interno del branco.

Ho usato il termine “combattimenti ritualizzati” per un motivo specifico.

Questi scontri, infatti, non sono dei combattimenti random e all’ultimo sangue con l’unico obiettivo di fare a pezzi l’avversario, al contrario!

Non finiscono mai con delle gravi ferite, ma servono piuttosto come dimostrazione di forza e resistenza, quindi tutte caratteristiche fondamentali per poter portare avanti la propria specie

(selezione sessuale vi dice qualcosa?)

Un gruppo di stambecchi che cammina.

Come nel caso di tante specie animali che hanno avuto la disgrazia di condividere con noi umani parte, o tutto, il loro habitat,

anche la storia dello stambecco è intrecciata con la lunga e tremenda storia della caccia praticata dall’uomo fin dai tempi più antichi.

Il suo ruolo di “vittima della caccia” affonda le sue radici fin dall’epoca preistorica,

quando lo stambecco era una preda ambita da tutti, diventando la più preziosa fonte di cibo per Ötzi, l’uomo del Simulaun.

In seguito alla fine dell’ epoca dell’uomo del Simulaun, però, la caccia allo stambecco,

che prima avveniva per semplice e normale sopravvivenza, divenne una vera e propria caccia intensiva a causa dell’introduzione delle armi da fuoco.

Tutto questo portò, intorno al ventesimo secolo, ad un drammatico declino della popolazione di stambecco lungo tutta la zona delle Alpi occidentali.

Ed è proprio in questo contesto tanto drammatico che entra in gioco la famiglia dei Savoia.

E non per un motivo così tanto lusinghiero!

Tutta la famiglia Savoia, infatti, era una grande appassionata della caccia e, attratta dalla possibilità di praticarla in casa propria e in maniera del tutto privata,

iniziò a proteggere gli ultimi esemplari di stambecco nelle sue riserve di caccia private.

Tuttavia, dopo anni di caccia allo stambecco, una “pecora nera” all’interno della famiglia dei Savoia si fece avanti nel 1913: Vittorio Emanuele III.

Vittorio Emanuele III era, forse, l’unico membro della famiglia al quale non interessava praticamente nulla della caccia, o comunque ne era sicuramente meno appassionato rispetto a tutti i suoi parenti.

Dunque, una volta preso il controllo dell’area di caccia istituita dalla famiglia anni prima,

donò tutti i territori allo Stato italiano il quale, successivamente, decise di crearne quello che ad oggi è il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il primo in Italia!

Lo stambecco ha un’ indole molto complessa e ben organizzata, tutte caratteristiche che possiamo notare con molta facilità nella sua struttura sociale.

Femmine e cuccioli vivono in branchi separati dai maschi i quali, a loro volta, formano gruppi distinti tra loro.

Questa separazione non è data da qualche strana forma di “malessere” tra sessi,

ma più che altro è stata sviluppata nel tempo per favorire la sicurezza dei piccoli i quali, durante i primi anni di vita,

sono facili prede per l’aquila reale, un temibile e intoccabile predatore per lo stambecco!

Per questo motivo, le femmine con i loro piccoli vivono passano le loro giornate a quote più elevate,

dove le pareti rocciose offrono una maggiore protezione dai predatori grazie alla presenza di “zone di ombra” e anfratti troppo stretti per la temibile aquila reale.

I maschi, a loro volta, si riuniscono alle femmine solo durante il periodo riproduttivo, quando compiono lunghi spostamenti per poterle raggiungere.

I cuccioli nascono intorno alla fine della primavera, dopo una gestazione di circa sei mesi,

e in soli tre mesi sono in grado di seguire le madri su terreni rocciosi

grazie anche alle piccole corna che iniziano a crescere molto presto e con le quali i piccoli imparano ad arrampicarsi e a difendersi in autonomia.

Io intanto ti aspetto qui per un’altra chiacchierata insieme!

Lo stambecco è un erbivoro ruminante e la sua dieta varia stagionalmente.

Si nutre di erba fresca d’estate e di germogli, arbusti e licheni durante le altre stagioni dell’anno e, inoltre, il suo organismo presenta un grande bisogno di sali minerali.

Molto particolare è soprattutto il modo attraverso il quale soddisfa questo fabbisogno!

Grazie proprio alla sua capacità di arrampicarsi su pendii tanto ripidi,

lo stambecco va alla ricerca di sali minerali lungo questi pendii, dove con calma e senza che nessuno gli dia fastidio, può leccare rocce e superfici particolarmente ricche di questi elementi.

Zone dove è facile vederlo arrampicato a leccare le superfici sono le dighe elettriche!

“Ma come mai questo comportamento così particolare?” Vi starete chiedendo.

La ragione è la loro carente concentrazione di sodio e potassio nel loro organismo, elementi che però sono di importanza vitale per questo animale!

Uno stambecco che si gratta le corna su una roccia.

Durante l’inverno lo stambecco sviluppa una fitta “peluria” in grado di proteggerlo durante i mesi più freddi dell’anno e che viene poi persa in primavera con la muta.

La muta, però, in questo animale è del tutto differente al tipo di muta al quale siamo abituati a pensare noi!

Quando la stagione primaverile si avvicina,

lo stambecco inizia a sentire un prurito via via sempre più intenso provocato proprio da questa “peluria”

(biologicamente definita “lanugine”)

che lo stambecco cerca di alleviare grattandosi contro le rocce e i tronchi.

Ed ecco qui che poi, grattando e grattando, la lanugine scivola via e lo stambecco si ritrova con il suo bel pelo nuovo primaverile!

Da questo comportamento è possibile quindi comprendere come la colorazione del pelo vari a seconda della stagione,

con tonalità più scure in inverno, per potersi mimetizzare meglio tra le rocce,

ed una colorazione bruno – rossiccia in estate.

Potremmo definire lo stambecco un vero “Highlander” delle Alpi.

Grazie agli sforzi di protezione e ripopolamento avvenuti negli anni, lo stambecco è ritornato a popolare le Alpi centrali e orientali,

espandendosi persino oltre i confini italiani in Svizzera, Francia e Austria.

È una specie diventata ormai un vero e proprio patrimonio naturale in grado di raccontarci la storia della natura intrecciata con quella dell’uomo e delle sue montagne,

e la sua presenza è simbolo di una speranza e un equilibrio tra attività umane e tutela delle specie selvatiche.

Proteggere lo stambecco, dunque, significa proteggere e salvaguardare un intero ambiente naturale, patrimonio tanto umano quanto naturale.

Di Zoe

Sono una divulgatrice e guida ambientale appassionata. Creatrice di EcoHorizon, condivido articoli su ambiente, novità scientifiche, pratiche ecosostenibili, piante e animali. Quando non sono impegnata a scrivere, conduco escursioni e workshop per avvicinare le persone alla natura. Seguimi su EcoHorizon per scoprire come possiamo proteggere e preservare il nostro pianeta insieme!

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